Esiste sulle propaggini del novarese che ancora non sono montagna al confine col biellese, una zona vitata che come minimo è di fatto un patrimonio della nostra civiltà e di tutta l’umanità. I pochi vigneti allevati ‘a maggiorina’ sopravissuti fino ad oggi sono assolutamente da vedere per portarsi a casa la conoscenza di un pezzo di cultura che ci appartiene e che ha un valore universale.
È stato un sobbalzo quando pochi mesi fa accompagnati da Christoph Kunzli sulle sue vigne a maggiorina abbiamo visto questo vigneto: a poche decine di km da casa avevamo non solo un capolavoro dell’ingegno ma anche, grazie all’ambiente incontaminato, uno dei più bei panorami vitivinicoli d’Italia, un grande vanto senza troppo esagerare. A Kunzli va il grande merito di essere stato determinante nel recupero, valorizzazione e ritorno in produzione di questa vigna, da cui arriva il vino ‘Maggiorina‘ della propria cantina Le Piane (ma per questo rimandiamo nella libreria della degustazioni), merito che va lodato poiché forse pochi altri produttori mantengono ancora i costi in agricoltura di questo sistema, con il risultato di avere un valore del prodotto/bottiglia veramente da valore aggiunto più che giustificabile: con una bottiglia di Maggiorina (rigorosamente VDT…) ti porti a casa un pezzo di storia, una memoria del passato, un valore emotivo di rara intensità e bellezza, il risultato agronomico di piante anche centenarie, oltre alla qualità intrinseca di un vino con una freschezza commovente ma con un capacità di evoluzione sorprendente.
Il metodo era stato inventato chissà quando dai contadini della zona, un tempo molto vitata; la genialità consisteva nell’ ottenere grandi produzioni per pianta con un sistema che proteggeva l’impianto dalle condizioni meteo-climatiche.
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Antonio Cerri
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Vino: Maggiorina 2014 VDT
Vitigno: 40% Nebbiolo, 40% Croatina, 5% Vespolina, 15% di 9 altre uve autoctone
Produttore: Le Piane, Boca (NO)
Quando abbiamo visto la vite allevata alla ‘Maggiorina’ siamo rimasti strabiliati, mai vista una roba simile dove praticamente più piante si sviluppano su quattro tralci che crescono in diagonale su pali fissati a formare un quadrato tutto intorno fino ad un’altezza di un paio di metri. Questa tecnica oggi sbalorditiva è stata ripresa alcuni anni fa dall’azienda Le Piane portandoci oggi il privilegio di vedere, ed assaggiare poi il vino del passato contadino che non deve andare perso, ma non per ragioni sentimentali o non solo, anche perché funziona e dà risultati di qualità peculiare, adattandosi alla caratteristiche pedoclimatiche della zona e a quelle vegetali delle viti autoctone lì impiegate. Alquanto curioso sapere che l’uvaggio di questo vino è un mix di una decina di vitigni autoctoni a bacca nera e bianca, raccolti e vinificati tutti insieme, il risultato è un vino di straordinaria bevibilità, basso tenore alcolico, e ancora buona capacità di abbinamento.
Sapete, non siamo cultori del buon vino del passato poiché la tradizione non deve diventare retorica, ma certi vignaioli hanno saputo cogliere ciò che è patrimonio del passato e contestualizzarlo sapendo dove non intervenire e dove invece farlo con poche azioni di tecnica moderna. Fondamentalmente servono degli elementi: voglia di lavorare, passione ed intelligenza…