Guardate questa vigna di San Gusmè, in quel ramo vastissimo del Chianti Classico senese, dalla cui sommità si scorgono le torri di Siena.
Già, detto così è più che poetico, ma è proprio la vigna ad essere una spennellata nella collina, ce lo avevano raccontato di questo ‘clos’ subito sotto il borgo, ma vederlo e navigarlo con la vista è un piacere diverso.
E’ qui tutt’intorno che in pochi chilometri si hanno dei capisaldi del Sangiovese chiantigiano, dal campione assoluto di finezza Castell’invilla, ai nomi di spessore San Felice e Castello di Bossi, con i panorami vitati ed i borghi medievali che spuntano e sporgono in mezzo ad infinite distese boschive inframezzate da vitigni con filari in ordine Francescano. Ma è questo vitigno ondeggiante che ha un non-so-che di bello tutto suo…
Territori
Esiste sulle propaggini del novarese che ancora non sono montagna al confine col biellese, una zona vitata che come minimo è di fatto un patrimonio della nostra civiltà e di tutta l’umanità. I pochi vigneti allevati ‘a maggiorina’ sopravissuti fino ad oggi sono assolutamente da vedere per portarsi a casa la conoscenza di un pezzo di cultura che ci appartiene e che ha un valore universale.
È stato un sobbalzo quando pochi mesi fa accompagnati da Christoph Kunzli sulle sue vigne a maggiorina abbiamo visto questo vigneto: a poche decine di km da casa avevamo non solo un capolavoro dell’ingegno ma anche, grazie all’ambiente incontaminato, uno dei più bei panorami vitivinicoli d’Italia, un grande vanto senza troppo esagerare. A Kunzli va il grande merito di essere stato determinante nel recupero, valorizzazione e ritorno in produzione di questa vigna, da cui arriva il vino ‘Maggiorina‘ della propria cantina Le Piane (ma per questo rimandiamo nella libreria della degustazioni), merito che va lodato poiché forse pochi altri produttori mantengono ancora i costi in agricoltura di questo sistema, con il risultato di avere un valore del prodotto/bottiglia veramente da valore aggiunto più che giustificabile: con una bottiglia di Maggiorina (rigorosamente VDT…) ti porti a casa un pezzo di storia, una memoria del passato, un valore emotivo di rara intensità e bellezza, il risultato agronomico di piante anche centenarie, oltre alla qualità intrinseca di un vino con una freschezza commovente ma con un capacità di evoluzione sorprendente.
Il metodo era stato inventato chissà quando dai contadini della zona, un tempo molto vitata; la genialità consisteva nell’ ottenere grandi produzioni per pianta con un sistema che proteggeva l’impianto dalle condizioni meteo-climatiche.
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Il Chianti è un immenso paesaggio d’arte a metà tra la realtà e la scenografia di uno dei tanti film che sono stati girati in questa zona di campagna tra Firenze e Siena, delimitata dai fiumi Arno, Elsa, Ombrone e Arbia.
La sua denominazione risale al XIII secolo quando in alcuni documenti si indicava come Chianti la zona formata dai territori di Radda, Gaiole e Castellina sotto la giurisdizione di Firenze che fu spesso teatro di guerre e battaglie. Il Chianti è il cuore morbido della Toscana, un territorio fatto di monti, borghi e colline. E un cuore è fatto anche di poesia. Il Chianti è incontro di uomo e natura.
” Che sarebbe il Chianti senza gli uomini? Forse l’oscura selva dantesca, chè i monti del Chianti s’aggrinziscono nel cuore di Toscana regalando declivi improvvisi e dolci carezze del paesaggio con la morbidezza dei colli, ma soprattutto si sostanziano in sconfinati boschi di leccio, di castagno e di quercia, s’arruffano in roveti, s’inaspriscono di piccoli orridi come se la mano d’un celeste gigante avesse graffiato la terra nello spasmo della creazione.”
Su una brochure dedicata al Chianti dalla Provincia di Siena rimango affascinato dalla descrizione della ninfa del Chianti, una sorta di magica divinità anima di queste terre, che davvero rappresenta ciò che le parole faticano a descrivere guardando questa fotografia: “Ha capelli di rovo e pampini, respiro di vento, occhi di ruscello, sangue di vino, corpo morbido di colli, sorriso di sole, carattere fiero di castelli e gentile di badie, spirito di rurale concretezza e di ascesi mistica, età di millenni, ma portamento di giovanile eleganza.”