Esiste sulle propaggini del novarese che ancora non sono montagna al confine col biellese, una zona vitata che come minimo è di fatto un patrimonio della nostra civiltà e di tutta l’umanità. I pochi vigneti allevati ‘a maggiorina’ sopravissuti fino ad oggi sono assolutamente da vedere per portarsi a casa la conoscenza di un pezzo di cultura che ci appartiene e che ha un valore universale.
È stato un sobbalzo quando pochi mesi fa accompagnati da Christoph Kunzli sulle sue vigne a maggiorina abbiamo visto questo vigneto: a poche decine di km da casa avevamo non solo un capolavoro dell’ingegno ma anche, grazie all’ambiente incontaminato, uno dei più bei panorami vitivinicoli d’Italia, un grande vanto senza troppo esagerare. A Kunzli va il grande merito di essere stato determinante nel recupero, valorizzazione e ritorno in produzione di questa vigna, da cui arriva il vino ‘Maggiorina‘ della propria cantina Le Piane (ma per questo rimandiamo nella libreria della degustazioni), merito che va lodato poiché forse pochi altri produttori mantengono ancora i costi in agricoltura di questo sistema, con il risultato di avere un valore del prodotto/bottiglia veramente da valore aggiunto più che giustificabile: con una bottiglia di Maggiorina (rigorosamente VDT…) ti porti a casa un pezzo di storia, una memoria del passato, un valore emotivo di rara intensità e bellezza, il risultato agronomico di piante anche centenarie, oltre alla qualità intrinseca di un vino con una freschezza commovente ma con un capacità di evoluzione sorprendente.
Il metodo era stato inventato chissà quando dai contadini della zona, un tempo molto vitata; la genialità consisteva nell’ ottenere grandi produzioni per pianta con un sistema che proteggeva l’impianto dalle condizioni meteo-climatiche.
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