Puntuale come la pioggia di primavera torna la rassegna agroalimentare di Oleggio, una bella e vera fiera in una cittadina fiera della vita agricola e che ha il pregio di coinvolgere tutto il piccolo borgo con una massiccia partecipazione di pubblico, e alla fine la manifestazione è graziata da una splendida e luminosa giornata, fortunatamente perchè l’organizzazione dell’evento si merita questa fortuna. Ci fa bene, ci mette di buon umore vedere il coinvolgimento del pubblico in un’evento molto agricolo.
Stand agroalimentari a parte, la nostra attenzione è verso la degustazione di alcuni vini della Doc Colline Novaresi, al suo secondo episodio e ancora molto stimolante, sperando che sia anche una conferma dell’unione di intenti dei produttori della zona.
Dunque attraversando la bellissima piazza ed entrando nel palazzo comunale sede dell’evento, salendo la scala ottocentesca e guardando gli affreschi ci chiediamo, come dal Philippe Daverio pensiero, se siamo nati nell’epoca sbagliata… Pensiamo che tutto questo patrimonio architettonico deve avere una collocazione ed una visibilità degna del suo valore storico e culturale, che non possa esistere un piano del territorio che consente ad orribili edifici anni 60-70 di sorgere a ridosso di pezzi di storia imperdibili, eppure succede… ma succederebbe anche che un borgo come questo in Francia sarebbe citato sulle guide e tutelato, questo si. Viene in mente lo skyline di La Morra vista dalla Langa che mostra dalla destra un bel palazzone anni ’60, e dalla cui piazza belvedere-mozzafiato sulla Langa Robert Mondavi disse che dormiamo sul più grande potenziale vitivinicolo del mondo… Lui che ha inventato l’enoturismo stando in un posto dove non c’è il concetto di terroir e millesimo ci ha lasciato un critica che ci fa vergognare.
Quindi non siamo nell’epoca sbagliata, è l’epoca che sbaglia… c’è un filo diretto tra la cultura del territorio e quella della qualità agroalimentare, saranno sempre mille le fatiche dei produttori se non cambia la cultura, se non c’è cultura. Il vino buono, buonissimo, si fa in parecchi luoghi, il vino autentico ha bisogno di un forte legame territoriale, questo Mondavi lo sapeva e lo invidiava. Nel suo piccolo, Oleggio rappresenta bene l’occasione mancata, il territorio ha bisogno di rispetto.
Divagazioni a parte, all’interno della sala del bel palazzo si rivela ancora una qualità autentica, vediamo alcuni p-assaggi.
– Il Roccolo di Mezzomerico, ritroviamo lo chardonnay qui vinificato stand-alone, conosciuto e già apprezzato in passato e piacevolmente ancora gradito, beh non è che lo chardonnay lo fanno in tanti e a tutti viene bene! Troviamo il carattere del vitigno, statura e struttura, i descrittori aromatici tipici e quel pizzico di personalità che si può ottenere anche dal più global degli internazionali. Ad esempio fa tristezza che in Puglia continuano col dejà-vù della vanigliatura quando talvolta ottengono prodotti da questo vitigno di freschezza e dinamica invidiabili… Molto bene il passito di Erbaluce e Chardonnay, bel risultato per un procedimento complesso ed un prodotto non facile, ma in definitiva equilibrato senza banali eccessi nelle note dolci e con struttura e dimensione a posto e acidità al ‘suo’ posto.
– Enrico Crola coglie la sua visibilità proponendo il Metodo Classico da nebbiolo vinificato in saigneè, vino di carattere netto da degustare e da capire, da abbinare con cura, di stacco e personalità ma anche audace. Crediamo che sia solo il secondo caso di spumantizzazione del nebbiolo, missione davvero intraprendente, attendiamo quindi con impazienza le prossime sboccature. Più che valido il Nebbiolo, a nostro avviso anche migliorato, siamo al vintage 2010 e potrà essere la caratteristica stagionale o forse l’evoluzione dei legni? A proposito, grande cura nella veste grafica delle etichette, finalmente un po’ di autostima…
– Filadora, cantina di produttori più che mai di passione, diremo artigiani del vino a dimensione famigliare forse come sarebbero piaciuti a Mario Soldati, il quale per passione e sentimento aveva una predilezione, noi che siamo più con Veronelli nella sostanza siamo stati ben impressionati dalla gamma: un Erbaluce più che apprezzabile, un Rosè di freschezza e acidità ‘verticale’ in grado di staccarsi dalla media alcune volte un po’ troppo media del genere, una Vespolina con un carattere venuto da un affinamento in legno grande da provare, e una gamma di Nebbioli che troviamo anche commercialmente interessante per valorizzare l’uva più importante dell’areale. Gioventù che promette bene.
Ancora conferme per tutta la serie di Nebbioli di Cascina Zoina pure per il bel nebbiolo rosato Nubie, e in definitiva dai tanti assaggi dei produttori presenti nessuna mezza misura, lontana qualsiasi scontatezza e anzi ancora il piacere di scoprire insieme a Nebbioli ormai maturi per essere definiti di pregio, delle Barbera molto valide, Uva Rara davvero piacevolissimi, Erbaluce stramaturi, nel senso tecnico ed intellettuale!
Le etichette presenti ritraggono quindi un’area poco più che comunale (volendo circoscrivere la più ampia Doc Colline Novaresi) e per la dimensione dei produttori si potrebbe parlare di terroir definiti che potenzialmente valorizzano il prodotto focalizzando anche una zonazione che potrebbe arricchire i vini con una specificità molto peculiare, che se da un lato suona molto francesista (e comunque il marketing dei francesi è vincente), lega e catalizza il legame vino-territorio dove il wine-style italiano gioca un ruolo di primo livello difficilmente replicabile altrove. Crediamo che sia un vantaggio effettivo di questa zona, matura per la notorietà.