Visita mirata al padiglione vino gestito da Vinitaly. L’ingresso si presenta molto bene ed è davvero invitante passarci (fino a qui non c’è alcun costo), ci è piaciuto il caleidoscopio di colori del vino graduato dal giallo al rosso, divertenti ma disagevoli i ‘nasi’ entro i quali si annusare i profumi relativi al vino. Proseguendo con l’ingresso base abbiamo per 10 euro il calice degustazione e una tessera per tre degustazioni, questo prezzo non è di per se nè basso nè alto, è piuttosto criticabile il sistema di presenza di un certo vino di un certo produttore (come sappiamo a pagamento e a scelta del produttore stesso, ne va che l’occasione è persa per avere una reale panoramica dei vini italiani). L’iniziativa di per sè stessa non è né sbagliata né criticabile, è invece sconfortante che in un evento unico e mondiale sul genere ‘alimentazione’ le istituzioni italiane non abbiano potuto fare di più… anzi è proprio svilente che la principale cultura enoica riduca il suo patrimonio culturale a questa serie di erogatori automatici.
Certo ci sono e ci saranno eventi correlati al vino, ma che tutto un padiglione dedicato al vino sia solo un unica fila di distributori automatici è proprio poco, anzi quasi nulla a pensare bene cosa si sarebbe potuto fare per arrivare ad una ricaduta di immagine condivisa, invece tutto qua! Non possiamo che abbandonarci ad un po’ di tristezza…
Entriamo comunque nell’area di degustazione, anzi meglio dire di somministrazione, proprio un bell’ambiente a tema, ci sentiamo all’interno della
‘Morte Nera’ di Guerre Stellari, ci appare Darth Fener che ci intima di assaggiare il suo Amarone prodotto nelle distese del pianeta di Appassiton … giusto per ridere ma l’ambiente è davvero così… bianco, illuminazione artificiale, asettico. Moderno, ma siamo lontani dall’evocazione di qualsiasi immagine del mondo del vino.
Le istruzioni per l’uso prevedono il metodo plug&play per i vini fermi, l’avventore insomma posiziona il bicchiere e voilà, la dose è già precalibrata, mentre per gli spumanti sarà il sommelier ad aprire la teca e servirvi. Insomma idea non malvagia, ma torniamo sulla riflessione che la presenza dei vini determinata dall’acquisto dello spazio-dispenser ha creato una panoramica che tutto sommato è incompleta della realtà italiana. Non sperate di trovare dei campioni ad alto valore, così come nemmeno dei nomi che hanno fatto la storia, almeno non tutti, anzi pochissimi. Niente di quanto ognuno vorrebbe, ma dopotutto si trattava di una scelta piuttosto dispendiosa, comunque non entriamo nella polemica sul costo/spazio/dispenser di
cui si è già molto parlato. L’impressione avuta fino ad ora è che questa “Expo dell’alimentazione” per il nostro mondo dell’agroalimentare vero, artigianale e di qualità più che una kermesse sembra una bagarre.
Venendo alle degustazioni, ricordiamo solo due assaggi da favola, in zona Friuli il Bianco Kaplja 2010 di Podversic Damijan, un blend di Chardonnay, Malvasia Istriana, Tocai, basta la microdose erogata per mostrarsi come un vino splendido ed intrigante, e in area Trentino il metodo classico Trento Doc Abate Nero ci ha impressionato per la statura, l’eleganza e la lunga permanenza al palato, ma gli altri assaggi restano un po’ sbiaditi nella memoria e noi, come questi, stanchi per il continuo camminare da una parte all’altra davanti ai dispenser immacolati, ci sentiamo abbandonati fuori dal tempo nell’astronave virtuale a cui abbiamo fatto cenno prima e non vediamo l’ora di tornare sul nostro Pianeta Terra, anzi Terroir.